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L’Aga Khan di Geraci Siculo
mercoledì 2 marzo 2005
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“Sole, spiagge bianche e blu, questa è la Sardegna…” Certo, fa una certa impressione ascoltare, dalla mattina alla sera, questo ‘ritornello’ intonato a furor di popolo da centinaia di giovani siciliani in alcuni villaggi turistici della Costa Smeralda. Eppure questa è la vera novità della calda estate in Sardegna: sono sbarcati i siciliani. Tanti siciliani, qualcuno da queste parti si lamenta che sono persino troppi. Giovani disoccupati di tutte le età, selezionati a Palermo dall’Aeroviaggi di Antonio Mangia, la società siciliana che in pochi anni è diventata il terzo tour operator nazionale, surclassando gente esperta come Valtur, Ventaglio, Grandi Viaggi. Oggi il siciliano Antonio Mangia è l’albergatore più forte in Sardegna, con tremila e trecento posti letto disponibili ogni giorno. La sua è ormai una vera e propria ‘colonizzazione’. Un’ascesa vertiginosa quella di questo piccolo Aga Khan di Geraci Siculo, che partito trent’anni fa con una piccola agenzia viaggi, possiede oggi un impero finanziario che fattura 200 milioni di euro (400 miliardi delle vecchie lire), con 600 dipendenti (che in estate diventano 2000), distribuiti in nove villaggi turistici in Sicilia, quattro in Sardegna e in un grande albergo nel cuore di Parigi. Sì, perché, oltre all’Italia, è diventata la Francia il mercato di riferimento della famiglia Mangia, che adesso conta di espandersi ancora di più in Costa Smeralda, e sogna persino il grande salto in borsa, forte dell’ incremento nel 2002 del 12 per cento nel fatturato. L’anno scorso, con una offerta di 30 milioni di euro, questo arzillo imprenditore siciliano, si è permesso il lusso di soffiare al Club Med uno dei villaggi più grandi della costa sarda, a pochi chilometri da Santa Teresa di Gallura, di fronte all’isola della Maddalena. Una struttura mastodontica, ben integrata tra le rocce granitiche e la macchia mediterranea, con una capacità ricettiva di 2000 posti letto: una città in eterno movimento, con i trenini colmi di turisti, per lo più francesi, che vanno e vengono tra i tornanti della Gallura come in una stazione ferroviaria. Ci sono voluti altri sei milioni di euro per ristrutturare il villaggio, ma evidentemente questi Mangia di soldi ne devono avere parecchi, e si vede. “Abbiamo cercato di soddisfare la richiesta del mercato francese” ci spiega, con una punta di orgoglio, Calogero Spinella, il direttore di questo mega albergo, con l’aria professionale di chi la sa lunga, con la camicia azzurra ben stirata la cravatta a pois, la faccia che ricorda quella di Franco Califano. Solo che questo Spinella non è nato al Testaccio, ma a Gioiosa Marea, un piccolo paese di sette mila anime nel cuore della provincia di Messina. Aveva cominciato come aiuto ricevimento in un piccolo albergo,ma oggi parla e si muove come un vero manager. “Qui tutto viene dalla Sicilia – continua –. Il settanta per cento del personale è siciliano. Due volte la settimana poi arrivano due tir che partono da Palermo carichi di generi alimentari: pesce, carne, vino. Tutto rigorosamente Doc, si capisce. E’ la ricetta che ci permette di rivolgerci ad una fascia di turismo medio. I clienti francesi sono molto esigenti. Ma noi pensiamo a tutto: preleviamo le famiglie direttamente a casa e li trasportiamo nei nostri villaggi. Noleggiamo gli aerei, i pullman, i veicoli. La nostra formula non prevede supplementi. E’ tutto ‘all inclusive’, come si dice oggi”. Sta di fatto che ogni settimana 8000 francesi sbarcano negli aeroporti della Sicilia e della Sardegna e vengono poi smistati nei villaggi turistici di proprietà dell’Aeroviaggi. Da aprile a settembre. Senza soluzione di continuità. Ad accudire questa massa di vacanzieri, ci pensano centinaia di giovani siciliani di Agrigento, di Sciacca, di Palermo, di Cefalù. Qui la prima lingua parlata è il francese, la seconda il siciliano. “Il sindacato non è stato contattato – si lamenta il responsabile della Cisl di Santa Teresa –. Noi avevamo un buon rapporto con il Club Med, ma con questo Mangia finora non abbiamo avuto alcun contatto, anche sei siamo sempre disponibili a stabilire le opportune relazioni sindacali a garanzia dei lavoratori”. Frattanto i giovani siciliani lavorano a contratto a termine per sei mesi l’anno, poi tornano a fare quello che facevano prima: gli studenti universitari, i maestri di tennis, i ballerini, gli elettricisti, i disoccupati. Come Totò, un ragazzone palermitano della Zisa, con il sorriso stampato sulla bocca, cresciuto a pane con la ‘meusa’. Disoccupato cronico, ma tuttofare. “Un giorno sei millesimo nelle liste di collocamento – racconta – il giorno dopo ci torni e sei indietro di duemila posti. Che posso fare? Mi arrangio. Faccio di tutto: porto i giornali nelle edicole, l’imbianchino, lo scaricator”. Adesso in Sardegna fa il maestro di canoa. Lavora 12 ore al giorno e guadagna circa 500 euro al mese. Vitto e alloggio pagato, s’intende. Ma nei villaggi turistici gli stipendi sono commisurati all’esperienza, al curriculum di ciascuno degli operatori. Si va dal solo vitto e alloggio fino ad un massimo di mille euro. Come Alex Accardi, ventisette anni, di Bagheria, il capo villaggio, una specie di Fiorello più sofisticato, che balla, canta ed è sempre attorniato da belle turiste francesi. O come Roxie, 22 anni, di Porticello, una mora affascinante, dallo sguardo penetrante, che in Sardegna fa l’animatrice e riesce a far ballare latino-americano anche quelli che non hanno mai messo piede in una pista da ballo. Il padre è uno dei ristoratori più blasonati di Palermo. Ma a Roxie in estate piace ballare, divertirsi e far divertire la gente. E poi ci sono Carmelo, Angelo, Gaetano, Filippo, Turi, Giuseppe, Karmel (che sarebbe poi Carmela). Ciascuno di loro ha una mansione nel villaggio, una storia di raccontare, un sogno nel cassetto. Come Dodo, che a Palermo frequenta un corso di giornalismo e spera di diventare cronista sportivo, ma intanto qui in Gallura fa il maestro di vela. O come Antonio, il pizzaiolo di Siculiana che ha perso trenta chili in otto mesi di lavoro. “Chissà se mia moglie mi riconoscerà quando torno – sussurra – chissà se la trovo ancora lì ad aspettarmi…” La comunità più vasta è quella di Gioiosa Marea, una cinquantina di persone, tutti amici o parenti del direttore del Villaggio. “Noi non abbiamo niente contro i Sardi – precisa Spinella –. Ma c’è una obiettiva difficoltà a reclutare il personale qualificato sul posto. E allora cerchiamo di privilegiare i siciliani. Che male c’è? Quando torno a Gioiosa Marea è chiaro che sono ben visto. Ho portato qui persino un ragazzo che si drogava, e siamo riusciti con l’affetto di tutti a tirarlo fuori dal tunnel. Il nostro obiettivo è di far lavorare prima i siciliani per tutto l’anno. Nei mesi invernali molti di loro vengono riconvertiti in altre funzioni, ma sempre all’interno del nostro gruppo Noi siamo come una grande famiglia. Una grande famiglia siciliana”.
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