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Morire a 16 anni. Su un motorino.
martedì 21 giugno 2005
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Oggi il fatto del giorno è stato scritto da mia figlia Valeria.

Aveva sempre quel sorrisetto da furbo sul viso. La battuta sempre pronta, faceva ammazzare dalle risate tutti, aveva quel casco definito a “scodella”, e quel motorino di cui andava fiero. Lo stesso motorino che lo avrebbe ammazzato. Si chiamava Matteo, per gli amici Texo, aveva 16 anni, frequentava il secondo liceo scientifico all’istituto Cannizzaro. Aveva gli occhi azzurri come il mare e i capelli biondi. Finito l’incubo scolastico, era stato promosso. Era finalmente in vacanza: un sedicenne, nel cuore della sua giovinezza, giovinezza spezzata in un attimo da un motorino e da un casco forse allacciato male. Si può morire così? Sono ormai centinaia, migliaia i giovani che muoiono con il proprio ciclomotore, ne si sente parlare alla televisione, lo scrivono i giornali. Nessuno però ci fa conto, dispiace, ma non lo si può capire se non si perde qualcuno in questo modo. Lo avevo visto pochi giorni fa, nel mio quartiere, solo lui riusciva a farmi ridere così, nessuno era così simpatico e autoironico.
Tutti gli volevano bene e tutti erano suoi amici. Qualcuno dice che si tratta di destino, deciso già dalla nascita, qualcuno di semplice sfortuna. Ma come si può allora vivere sereni, se si ha la paura che da un momento all’altro le persone a cui vuoi bene se ne vanno, perché quello era il loro “destino”. Io penso che il destino si possa cambiare con delle semplici accortezze, sia di noi giovani, a bordo di motorini e macchinette, ma soprattutto degli adulti( secondo le statistiche quasi sempre è chi guida una macchina a investire il ciclomotore), mettessero da parte i loro problemi, quando si è in macchina c’è in gioco la propria vita e quella degli altri. Chiedo più sicurezza, meno distrazioni, per chi guida e mi permetto di dare un consiglio a tutti i miei coetanei: camminare a piedi non ha mai fatto male a nessuno, sempre con degli automobilisti però attenti e rispettosi delle regole.
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