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Morire a vent'anni. Alle sei del mattino. Ma adesso basta. Riprendiamoci la nostra vita !
domenica 6 settembre 2009
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Il fatto del giorno è stato scritto da mia figlia Valeria
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Sono una ragazza di 18 anni e tra poco prenderò, come tanti altri miei coetanei, la sospirata patente. Ma la tragedia avvenuta la scorsa notte nel cuore di Roma, dove hanno perso la vita Valentina e Giulia, mi ha suscitato profonda tristezza e angoscia. Ieri notte ero anch’io in giro per Roma, a bordo di un’automobile, insieme ai miei amici. Un fine settimana come tanti altri. Sono stata in un locale, ho bevuto un frullato invece che un super-alcolico. Ma alle 6,30 ero già a casa, nel mio letto. Tuttavia, quando accadono queste disgrazie, si pensa subito: in quella macchina distrutta sul Lungotevere ci sarei potuta essere io. Mezz’ora prima Valentina e Giulia ballavano, ridevano, e poco dopo non ci sono più. Si può morire cosi? Si può morire a vent’anni per una bravata di un tuo amico? Forse c’è davvero qualcosa da modificare nel modo con cui oggi conduciamo la nostra vita. Spesso si attribuisce la colpa degli incidenti automobilistici esclusivamente all’alcool. Probabilmente è accaduto anche nel caso sfortunato di Valentina e Giulia. L’alcool, si sa, contribuisce alla perdita di lucidità quando si guida un’automobile. Ma anche se non hai bevuto, è difficile per una persona normale avere la giusta prontezza di riflessi alle 6,30 del mattino, dopo una notte passata in discoteca. Figuriamoci poi per un neo patentato. Il problema è che fra i giovani, sei considerato uno “sfigato” sei vai a letto il sabato sera prima delle 2. Sei uno “sfigato” se entri in una discoteca prima dell’una. Se ordini una cola, invece che un cocktail spacca fegato, ti guardano male o gli fai quasi tenerezza. E come se ci fosse una legge non scritta che ci impedisce di tornare a casa presto il sabato sera. E’ una specie di gara a chi fa più tardi. Questo senso di falsa libertà , ci ha reso ancor più schiavi della massa, in questo periodo di abbruttimento culturale, dove non esistono più singoli individui che pensano con la propria testa, ma solo branchi, mucchi, gruppi di persone che tentano di assomigliarsi l’un l’altro. Distinguersi fa paura, e allora meglio rischiare un incidente, piuttosto che farsi una reputazione da “mammone”. Non sono una bigotta moralista, ho una vita sociale normale, tanti amici, un ragazzo a cui voglio bene. Ma chi e che cosa ci obbliga a stare ancora per strada alle 6,30 del mattino, come tanti animali notturni? La notte di sballo finisce per i giovani quando comincia quella di chi va a lavorare. Poi si dorme tutto il giorno. Mi ricorda il risveglio del “giovin Signore”, protagonista del“ Il Giorno” di Parini. Il nobile ragazzo si svegliava quando il sole era già alto, dato che era solito andare a dormire all’alba, allorchè i contadini e gli artigiani iniziavano la loro giornata lavorativa. Ma nel ‘700 non c’erano le auto che corrono a duecento all’ora.

Andiamo in discoteca, nei pub, alle dieci di sera, in modo che alle due si chiude bottega, e tutti a “nanna”. Cambiamo le regole. E se i locali sono ancora aperti dopo le due, facciamogli delle multe salate o ritiriamogli la licenza. Amministrare una città significa anche questo: salvare tante vite. Tutto il resto non conta niente. E noi riprendiamoci il nostro tempo biologico. Riprendiamoci la nostra vita. Facciamolo per Valentina e Giulia: perchè la loro morte non sia vana.

Valeria Guglielmino

Il Messaggero - 7 settembre 2009



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